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Dopo l’annuncio Microsoft del nuovo Surface (che per ora rimane, appunto, solo un annuncio), bloggers importanti e minori si sono subito mossi a valutarne le caratteristiche, tessendone le lodi o, al contrario, criticandone gli aspetti negativi.

Personalmente attenderei che venga messo in vendita prima di giudicarlo, visto che a parte l’estetica e alcune funzionalità, si è visto pochissimo. Per esempio, l’idea della tastiera sottile mi piace molto, sebbene sia utile in situazioni molto rare, ma è quello che mi servirebbe aver dietro sempre per esempio quando prendo appunti in riunione e sembra una soluzione decisamente più “Apple style” di molti accrocchi orrendi di terze parti venduti per iPad.

Fatta questa premessa, c’è un aspetto che però mi sembra importante evidenziare, ed è quello dell’impatto della discesa in campo di Microsoft sul mercato. La vecchia nemica, storicamente, dà il meglio di sé quando pensa a soluzioni innovative senza copiare gli altri (cioè Apple), e nel caso di Windows Phone / 8 e dei nuovi tablet sembra che finalmente si sia messa di nuovo a farlo, a prescindere dalle valutazioni specifiche di merito. Trovo due ragioni per cui un macaco dovrebbe essere contento della scelta di Microsoft: (altro…)

In questi giorni sto testando il noto servizio di VPN TunnelBear, nella sua versione “Giant” da 4,99$ al mese.

Rispetto ad altre VPN che ho provato in passato (per esempio HideMyAss, GoTrusted e molte altre…ho sfruttato tantissimo trial e “money back” 😀 ), posso constatare subito l’ottimo livello prestazionale di TunnelBear. Collegandomi al server UK, infatti, non noto alcun decremento percepibile della velocità di navigazione (anche con video in streaming o su siti come Pandora).

Certo, TunnelBear non offre tutte le possibilità di scelta e personalizzazione di altri concorrenti, o mille server in tutto il mondo, ma il prezzo contenuto e l’immediatezza d’uso sono un punto di forza di questo servizio, per chi si può accontentare di due soli accessi geografici (in UK, appunto, e negli USA, quest’ultimo un po’ più lento per noi italiani per ovvie ragioni di distanza).

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Non ho mai avuto un idolo.

Di quelli per cui ci si strappa i vestiti pur di andare ad un loro concerto, o per i quali si urla un inno su spalti affollati. No, mai.

Tranne Steve.

Lui sapeva prendermi per il verso giusto e sapeva tirarmi fuori la volontà di fare le cose. Non so come spiegarlo meglio di così. Quando lo vedevo mi metteva addosso la voglia di cambiare il mondo.

Sono senza parole. Non riesco proprio a mettere in croce due pensieri…

È una cosa strana perché, in fin dei conti, mica lo conoscevo Steve. L’ho solo visto: foto, video, discorsi, keynote… L’ho solo studiato: libri, riviste, interviste… Eppure condividevo con lui un sacco di idee o, meglio, lui le sapeva esprimere così bene che, cavolo!, era impossibile non essere d’accordo.

Sarà proprio per il fatto di essermi sentito d’accordo con lui in varie occasioni, in molti momenti, che a poco a poco è diventato una persona vicina pur nell’immensità di questo mondo, pur nella distanza delle nostre vite.

E ora che non c’è più non dovrebbe cambiare niente. Invece no. Sono confuso.
E mi ritrovo, forse, nelle parole di una poesia di Emily, poetessa a me tanto cara.

The distance that the dead have gone
Does not at first appear;
Their coming back seems possible
For many an ardent year.
And then, that we have followed them,
We more than half suspect,
So intimate have we become
With their dear retrospect.

 

Più di così non riesco a dire. E non volevo neppure scrivere niente per non cadere nella trappola dell’emozione e scrivere cose di cui poi ci si pente o che non abbiano la giusta sensibilità o il rispetto che meritano questi momenti. Poi non ho resistito e mi sono lasciato andare sperando che chi legge saprà capire.

Addio Steve.

Non ti conoscevo, non ero tuo amico, parente o collaboratore, ma sono triste.

Non sono triste perché non ti conoscevo, ma perché ti conoscevo. C’eri tu nei miei Mac, nell’iPhone, nell’iPad. C’eri tu anche in un piccolo mouse o in un’asettica base Airport.

Tu eri l’idea dietro l’innovazione, la follia del saper dire di no, il cuore e il pensiero.

Tu eri Mozart nella sua musica, e oggi il mondo ha perso Mozart. Di nuovo, troppo presto.

Sono triste, ma anche felice, perché tu sei rimasto con noi, in Apple e nelle idee con le quali hai cambiato il mondo. Questo mondo che ora è malato, come eri tu, ma forse grazie a tutti i folli visionari come te, ha in sé il germe per rinascere.

Ciao, Steve.

 

Guarisci presto, ti aspettiamo! 🙂

Oggi un consiglio macaco non proprio convenzionale, per chi come me oltre al Mac usa anche Windows, per esempio al lavoro o su un netbook.

Cercando come sempre altro su Google, mi sono imbattuto in maComfort, una piccola suite gratuita di software il cui scopo è portare alcune funzionalità di OSX su Windows, come le combinazioni di tasti, Spaces, Exposé o Quick Look.

Nulla di particolarmente nuovo, ma è comodo avere tutto integrato in un’unica installazione. maComfort funziona abbastanza bene, anche se ci sono delle mancanze: per esempio il clone di quicklook non visualizza i filmati. Non aspettatevi comunque la pulizia delle funzionalità integrate in OSX, si tratta pur sempre di “aggiunte”, ma soprattutto se siete principalmente interessati, come me, a replicare i comodi shortcut di OSX, nettamente migliori di quelli di Windows (mela-h, mela-q, etc…), vi consiglio di provarlo. 😀

Diamo il benvenuto all’amico Nicolò che ci oggi racconta le sue esperienze “trasversali” tra macachi e pinguini. 😀

Leggendo il titolo dell’articolo starete pensando “Ma che diavolo sta dicendo?”. Beh, oggi voglio parlarvi della mia esperienza “Linuxiana” sul mio MacBook White 13″.
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Torna dopo tanto tempo questa rubrica per segnalare una cosa a mio parere incredibile appena giunta davanti ai miei occhioni macachi.

Vorrei fare i complimenti più sinceri a Istituti Clinici di Perfezionamento per aver incluso insieme al referto di un esame dei miei genitori, invece delle classiche radiografie stampate, un paio di cd con le scansioni delle stesse ad alta risoluzione.

Piccolissimo particolare il cd si presentava in questo modo:

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Il mondo è cambiato. Lo sento nell’acqua, lo sento nella terra, lo avverto nell’aria. Molto di ciò che era si é perduto, perché ora non vive nessuno che lo ricordi.

Il Signore degli Anelli – La compagnia dell’Anello

Non sono impazzito di colpo è che sono sotto l’effetto creativo di iMovie ’11 e in preda ad un attacco di euforia da Movie Store. Devo dire che la tentazione di mettersi a tagliare e montare filmati anche per le cose più assurde è fortissima visto quanto trovo divertente la realizzazione di trailer con i nuovi strumenti della suite per la vita digitale.

Non lo faccio mai, perché gli altri lo sanno fare meglio di me, ma questa volta vi regalo una carrellata di scatti relativi all’unpacking di iLife 2011.
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Warning - articolo polemico

Ricordo quando nel 1993, ero un adolescente, mio padre mi portò per la prima volta a vedere il Gran Premio di Monza. Aveva avuto un paio di biglietti in omaggio grazie a conoscenze di lavoro e abbiamo colto l’occasione per conoscere dal vivo uno sport che non avevamo mai particolarmente seguito.

Quell’esaltante esperienza mi ha lasciato nel cuore, da subito, una fortissima passione per la Ferrari e per quei piloti che sfrecciavano a velocità impressionanti, soprattutto per un ragazzino di tredici anni.

Erano i tempi del mitico Jean Alesi, di Berger, di una squadra che non vinceva da tanti anni, e che avrebbe avuto la necessità di ancora più di un lustro, e numerosi cambiamenti, per tornare sulla vetta dell’Olimpo.
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