IL MACACO: SOLO PER VERI MACACHI!
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È domenica e mi trovo a casa di amici con tutta la famiglia.

Aspetto l’ora del pranzo facendo un po’ di judo sul tappeto del salotto con le mie due bimbe più grandi; quando, all’improvviso, vedo con la coda dell’occhio Leo con in  mano un groviglio di cavi. “E questi da dove li hai presi?” e lui entusiasta come se brandisse la coppa del mondo: “a pagl…io tili un totto ili… ì”.

Ok, sono cavi provenienti da un sistema Windows e non avrei saputo spiegarlo con parole migliori neppure io.

Occhiata veloce alla cucina: i padroni di casa sono indaffarati e non si sono accorti di nulla. Bene, prego Leo di darmi i fili per cercare di sistemare eventuali danni ma attualmente rappresentano un tesoro troppo grande da cedere senza contropartita. Allora sfodero il mio iPhone dalla tasca, ormai utile in ogni situazione della quotidianità, tolgo rete e collegamenti internet, abilito tutte le restrizioni possibili e lo metto sul divano. Subito Leo lascia cadere i fili e si avventa sul melafonino per poter gonfiare palloncini virtuali da piegare in simpatiche forme di animaletti. Con l’aiuto di Anna cerco la provenienza dei cavi. Notiamo sbucare da dietro un mobile il case di un Pc. Almeno io lo noto e dico ad Anna: “Ecco, sono sicuramente di quel computer, li riconosco dalla polvere”. Anna guarda meglio e mi chiede “Che computer?”

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HP design

Parto dalla foto sopra per questo post veloce, veloce; notate niente di particolare? No?? Beh ve lo dico io. Vi faccio notare la disposizione dei tasti ESC e Stand-By (quello con la luna!), ora li notate?

Vedete, vengo accusato di campanilismo integralista nei confronti di Apple ed in particolar del suo modo di fare design; e a volte mi fermo domandandomi se è vero, che sono così insensibile a chi nel mondo dei PC vuole portare, a suo modo, nuove idee al design hardwaristico. (continua…)

Il primo vero computer su cui ho messo le mani, da bambino, è stato l’Amiga 500 donato a mia sorella dai miei genitori, che nel giro di poco tempo divenne praticamente mio.

Ci giocavo con gli amici, scrivevo i miei racconti con il mitico Cloanto, imparavo le basi di programmazioni in Basic, e tante altre cose. Era il tempo dei computer i cui nomi risuonano ancora solenni nell’immaginario nerdico, Commodore, Atari, Spectrum,…la fine di quel tempo, a dire il vero, data la mia non così veneranda età.

(continua…)

Da molto tempo, purtroppo, nel mondo del lavoro, vige la naturale regolarità di ricorrere al meccanismo dello stage quando si ha bisogno di nuova forza lavoro, a causa sia del comportamento di molte aziende, sia di chi accetta questo ingranaggio schiacciasassi senza tentare strade diverse (io, a mio detrimento, l’ho fatto).

Lo stage nasce, storicamente, per introdurre i discenti, cioè coloro che sono nel percorso di formazione, alla realtà del mondo del lavoro. Un assaggio, formativo, di quello che troveranno, per non essere buttati nella giungla nudi e crudi. Ormai, invece, è diventato un modo, neanche tanto velatamente, per assumere gente che fa più o meno le stesse cose di un professionista, ma meno accuratamente e in modo meno efficace. Chissenefrega, costa poco! Aziende noncuranti del prodotto finale (per far fare esperienza ai giovani, ci sono altri modi, più dignitosi).

Ecco, un PC come quelli tanto sbandierati dai seguaci de I Mac costano di più” e “Il mio portatile l’ho comprato a 400 euro da Trony, sono ottimista!”, risponde agli stessi dogmi. In fondo, fa le stesse cose di un Mac. Beh, più o meno. Però costa poco!

Hello, I’m a Mac. ;)

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